L’Ipofosfatasia è una malattia rara che colpisce un nato su 300.000 e che si manifesta con un difetto di mineralizzazione delle ossa e dei denti dovuto a un deficit dell’attività della fosfatasi alcalina sierica e ossea, che può dar luogo a deformità ossee, perdita precoce dei denti e ad altre anomalie scheletriche, nonché ad altre complicanze sistemiche.

La fosfatasi alcalina è presente in tutti i tessuti, ma particolarmente nel fegato, nei reni, nelle ossa, nella mucosa intestinale e nella placenta, e collabora al normale processo di mineralizzazione ossea. Al contrario, il calcio e il fosfato possono accumularsi in altre sedi nell’organismo, provocando danni.

Presenta forme molto varie, dalle più gravi, che provocano morte neonatale per la mancata mineralizzazione delle ossa, alle più lievi, che appaiono con il progredire dell’età, e che colpiscono in genere i denti.

Tra questi due estremi gli specialisti hanno individuato sei gradi diversi della malattia, che provocano disturbi spesso altamente invalidanti a carico del sistema scheletrico.

I sintomi possono comparire a qualsiasi età e peggiorare nel tempo, provocando una significativa invalidità. Il 74.5% dei soggetti colpiti ha un dolore persistente.

Questi i principali organi colpiti:

  • Ossa: indebolimento e fragilità, rachitismo, dolore
  • Muscoli: debolezza muscolare, artrite, pseudo-gotta, problemi di deambulazione
  • Polmoni: torace rachitico e sviluppo non corretto del polmone, complicanze respiratorie gravi, polmonite
  • Cervello: craniosinostosi, aumento della pressione intracranica, edema del nervo ottico, crisi convulsive
  • Reni: accumulo di calcio, riduzione della funzionalità renale
  • Denti: perdita prematura, parodontite

L’Ipofosfatasia neonatale è una forma fatale di HHP, caratterizzata da scarsa mineralizzazione di tutte le ossa, calcificazioni extra ossee e convulsioni responsive alla vitamina B6.

L’Ipofosfatasia infantile: si mostra spesso con la perdita precoce dei denti primari (da latte) come uno dei primi segni. I bambini affetti da HPP possono avere bassa statura con gambe o ginocchia rachitiche, polso e articolazioni della caviglia ingrossate e una forma anomala del cranio.

L’Ipofosfatasia negli adulti: le forme adulte di HPP sono caratterizzate da un indebolimento delle ossa noto come osteomalacia. Negli adulti, le fratture ricorrenti del piede e delle ossa della coscia possono portare a dolore cronico. Gli adulti affetti da HPP possono perdere prematuramente i denti e sono a maggior rischio di dolori articolari e infiammazioni.

Una diagnosi accurata e precoce è fondamentale per garantire un trattamento adeguato.

Per la diagnosi sono richieste una valutazione clinica completa e analisi del sangue per la misurazione della bassa attività della FA e di altri parametri biochimici.

L'indagine radiologica dovrebbe essere intrapresa non solo per cercare segni di HPP, ma anche per escludere altri disturbi. Gli esami strumentali quali la radiografia dello scheletro sono utili nella valutazione dell’ipomineralizzazione e delle deformità scheletriche e/o pseudofratture tipiche della patologia; la risonanza magnetica nucleare ci permette di valutare i cambiamenti nella struttura ossea e i segni di infiammazione muscoloscheletrica. La valutazione densitometrica risulta utile per la valutazione dei livelli di BMD nelle forme adulte.

I trattamenti ad oggi disponibili per l’ipofosfatasia sono, nelle forme lievi, la fisioterapia ed esercizi fisici a basso impatto per mantenere un’adeguata massa muscolare e favorire il mantenimento della massa ossea e della forza del tessuto osseo. Nelle forme gravi tutte le attività fisiche che comportano un rischio di trauma devono invece essere evitate. L’ortopedico si farà carico delle fratture e delle pseudofratture, trattate mediante stabilizzazione e ingessatura, qualora necessario.

È raccomandata un’adeguata nutrizione e la supplementazione della forma non idrossilata di vitamina D (la somministrazione delle due forme idrossilate provoca un incremento dei livelli serici di PPi), senza superare le dosi raccomandate dalle linee guida specifiche, per evitare un aggravarsi dell’ipercalcemia/ipercalciuria. La supplementazione di calcio è sconsigliata per il rischio di ipercalcemia e calcoli renali. I bisfosfonati sono assolutamente controindicati e aumentano il rischio e l’incidenza di fratture atipiche di femore.

Le crisi convulsive associate alle forme severe neonatali e infantili rispondono al trattamento con vitamina B6.

Recentemente è stata sviluppata e approvata sia dalla Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti d’America che dalla European Medicines Agency (EMA) una specifica terapia enzimatica sostitutiva.